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Giovanna Grossato
Figure su Legno
articolo pubblicato su: Areaarte n. 24 Inverno 2015-2016

La tecnica utilizzata da Alberto Lanzaretti è costituita da incastri di legno dipinto su tavola e il risultato sono opere dalle coloratissime geometrie astratte oppure in un bianco e nero dall’effetto optical che di quel movimento artistico, l’op art (nato negli anni Sessanta e sviluppatosi poi nei Settanta sul solco delle sperimentazioni e ricerche tecnico-artigianali del Bauhaus, di De Stijl ma anche di quelle sulla cinetica del Futurismo, accentuandone i puri valori visivi) conserva l’illusione che la bidimensionalità generi il movimento. Tuttavia ne supera il dettato perché lo spessore del legno rimane un dato intensamente percepibile così che la componente grafica, impostata su un rigidissimo e accurato metodo di lavorazione, si misura sempre con la terza dimensione. L’accostamento sapiente dei colori o della bicromia in strisce o linee curve collocate in griglie modulari e strutturali diverse, produce un effetto che induce la percezione di instabile mobilità. Ciò è tanto più vero in alcune opere come e Black and white, del 2014, appartenenti alla serie Espansione del nucleo che inducono uno stato di variabilità percettiva e in cui, come scrive lo stesso artista, lo studio dell’architettura costruttiva dell’opera è direttamente legata all’elemento centrale, il “nucleo”, che interagisce con il colore ed il dimensionamento della forma, sollecitando percezioni visive istintive. Inoltre, trattandosi di lavori per la cui realizzazione l’artista utilizza essenzialmente la linea, le costruzioni geometriche strutturano uno spazio che non è fisico ma sottilmente metafisico e intellettuale. Vale anche per la descrizione di vari elementi minerali quali Ossidiana, pure questa in bianco/nero, per Alluminio e per Quarzo rosa che assumono invece le colorazioni dei materiali che rappresentano. Il libero gioco cromatico appartiene invece ad altri legni come Stereometria, del2012, nelle varianti 127, 132, 140, 144– in cui le forme geometriche fluttuano intersecandosi in una sorta di spazio vuoto – e Lavori in corso, del 2009, spiritoso aforisma sulla costruzione. Della serie Stereometrie è ancora Lanzaretti a descrivere il processo ideativo, esecutivo e la finalità: essa vuol dare rappresentazione alla continuità evolutiva della forma che esprime personali visioni di uno spazio occupato da solidi con effetto tridimensionale. Su queste precise e coloratissime strutture Mauro Fantinato scriveva qualcosa di estremamente semplice e complesso ad un tempo; cioè che Lanzaretti “genera arte costruendo o, meglio, ricostruendo. E in questo scorre la linfa fantasiosa e ludica al tempo stesso della sua arte. Per tecnica e per ragione. La sua abilissima manualità, in effetti, appare regolata da un principio di riedificazione, meccanico e intellettuale, grazie al quale coglie esiti di forte impatto visivo e di notevole profondità contenutistica. Nel riattualizzare nel formato del quadro la difficile arte della tarsia lignea, egli riformula secondo molteplici linee e forme, perlopiù geometriche, quel qualcosa a cui si era ispirato: un evento naturale, una sensazione interiore, un semplice istinto alla creazione, una suggestione estatica e speculativa sul mondo. Indotto da un innato desiderio di scoperta, tale suo atto sortisce da un pregresso lavoro di decostruzione dell’immagine originaria, della quale aveva intuito la verità, per poi ricostruirla secondo nuovi termini artistici pezzo su pezzo, forma su forma, linea su linea, colore su colore. Si tratta di una dinamica ricompositiva che se principia da una dialettica della frattura, poi in realtà riconduce la figura ad una rigenerata identità ed a nuova luce armoniosa. E proprio nel segno e nel senso della luce l’arte di Lanzaretti chiaramente si esprime. Una luce da intendersi nell’accezione fisico-razionale e nella sua conseguenza metaforica, diremo metafisica. Gli occhi su quel riflesso luminoso stupiscono mentre gli stessi colori riescono ad infondere una fascinazione tale che la geometria delle linee si addolcisce, prendendo il sorriso buono dei sentimenti o supportando graficamente edificanti riflessioni, magari talvolta intrise di una sottile malinconia. Geometria dei sentimenti, cromie dei pensieri governano il linguaggio artistico di Lanzaretti. Temi lirici come quelli del vento, della vela, della foresta incantata, per i quali i colori sottolineano una gioia quasi fanciullesca e innervata di alate pulsioni immaginative, coabitano accanto a caleidoscopici capovolgimenti di visualità e a pazienti meditazioni metafisiche. Tanto che le forme e i colori sembrano affrancarsi nell’onirico. E, cioè, in una sorta di sospensione, quasi di un sogno che sta per compiersi e a cui l’artista, armato di cuore e umiltà, ha conferito il soffio di vita eterna. Lanzaretti, allora, si propone all’arte per un’operazione ardita, lanciandosi alla conquista di un’armonia alchemica in seno alla quale si riassumono e si fondono nella giusta misura quei due mondi, solo apparentemente lontani, della razionalità da un lato e del cuore dall’altro. E in questa sfida noi stiamo dalla sua parte.” Sostanzialmente astratto, il lavoro di Lanzaretti si pone però come un pensiero “concreto” in cui si fondono sperimentazione tecnica e senso ludico. “I suoi sono elaborati progettuali di una scenografia, di un costrutto dove ogni elemento sostiene l’organizzazione dell’insieme. I suoi puzzle, assemblamenti di pezzetti colorati di legno, ricordano la logica con cui sono state create le vetrate delle cattedrali gotiche, private della carica simbolica e religiosa, intrise da un divertito laicismo. Proprio il colore diventa struttura portante della narrazione, donando un’atmosfera colta e giocosa, donando alle sue opere una grande felicità del vivere”. (Mara Campaner). E, in effetti, il richiamo all’antico (le vetrate gotiche) e al laicismo contemporaneo mette insieme la cultura storica dell’artista ma anche il suo essere uomo del proprio tempo, singolo e singolare, che opera nell’alveo di conoscenze pregresse ed è però in grado di manipolare con estrema abilità la materia, con l’aiuto di tecnologie moderne, mettendola al servizio della propria visione immaginativa. Il linguaggio che si sviluppa da questa sintesi originale di pittura e scultura evidenzia un aspetto importante legato alla creazione di un’opera d’arte spesso attualmente desueto: l’abilità artigianale dell’homo faber. Come si sa, il termine “artista” applicato oggi in modo generico, ma non di rado superficiale a indicare una qualità “alta” dell’operazione creativa, ha a che fare in origine proprio con l’abilità nel maneggiare i vari materiali, costringendoli ad assecondare con precisione il proprio pensiero e a esprimerlo in pratica, realizzando oggetti che divengono anche veicoli di una comunicazione iconica universale, in qualche modo simile a quella del linguaggio musicale.
Giovanna Grossato

Umberto Riva
Luglio 2014: L'arte è natura
L’ARTE E’ NATURA La civiltà consiste nel raggiungere il perfetto equilibrio con la natura Andrea Palladio Guardavo e coniugavo le opere di Alberto Lanzaretti mentre l’autore guardava me. Già mille idee, opinioni, espressioni si aggrovigliavano tra i meandri della materia grigia che lo sguardo di Alberto non confortava. Quella faccia con quel pelume che lui definisce barba, spostava la mia attenzione da opere inattese, chiedevo da dove uscisse quella ispirazione, perchè, continuavo a chiedermi, queste opere dal contenuto così diverso, perchè si era così lontani dal mondo ove Alberto aveva da sempre trovato ospitalità? Chiesi, allora, ciò che mai si dovrebbe chiedere, e ne ebbi risposta. Poteva essere la spiegazione. Ero infatti convinto che quella spiegazione fosse solo una parte perchè tutti, ognuno di noi nelle condizioni ambientali di Alberto Lanzaretti avrebbe dovuto arrivare là dove lui è pervenuto, tutti avremmo dovuto trarre le stesse conclusioni. Ritenei giusto completare la risposta concludendo che così mentalmente operando, Alberto coniugava il visto, col pensato concretizzando un genere nuovo. Parliamo allora di opere, di ispirazione, di realizzazione. Osservando le nuove opere di Alberto Lanzaretti, quelle che lui intitola “Espansione del Nucleo” ho visto il nuovo, ho visto il diverso, ho visto quello che lui ha visto. Mi raccontava Alberto che alla Biennale di Venezia nel padiglione Australia c’erano delle fotografie aeree di miniere a cielo aperto abbandonate, i cui terrazzi la natura aveva colmato d’acqua, aveva visto cose meravigliose, meravigliose nei disegni, meravigliose nei colori. Si andava dicendo, nel salotto di casa sua, che tutti i visitatori di quella immaginaria linea aerea dagli oblo guardavano quelle miniere, tutti guardavano l’acqua nei terrazzi, tutti guardavano i colori crescenti e decrescenti per intensità di quelle acque in quei terrazzi, ma lui a differenza di quei viaggiatori aveva visto, aveva assimilato, aveva tradotto in pensieri e dai pensieri addiveniva all’arte. Erano i disegni ed i colori di immani ferite che l’uomo aveva inferto alla natura, ed era giusto ripagare quello scempio con qualcosa che coinvolgesse qualcosa di più del materiale. La trasfigurazione tramite l’interpretazione donava a quei luoghi un compenso. Queste opere di Alberto Lanzaretti potrebbero risuonare quale incipit per una via da percorrere quotidianamente, dedicando e dedicandoci ad un atto di riparazione fisico e morale verso la natura tutta, facendo da camera di risonanza per rispetto di ciò che ci è stato donato non per distruggere ma per goderne. Non è un tempo così lungo che con Alberto ci conosciamo, ma è un tempo importante. I suoi lavori, quelli che lui definisce “Stereometria” sono gioiosi. Nella presentazione in una sua mostra a Marostica, ho definito le sue opere, parlo delle opere “stereometriche”, finestre di cattedrali che apportano luce anche quando al di là luce non c’è, sono quelle opere, intarsi pregiati nella qualità e nei colori, intarsi perfetti con risultati piacevolissimi, un tipo di lavoro, il suo, proponibile ad ogni scopo ed applicazione. Ecco Alberto che decora cassapanche e sedie, le nappe dei camini in cucine componibili, fin anco le portiere di un’automobile. Bello dicevo allora, bello dico adesso, opere per un arredamento piacevolmente amico. Penso a quelle cucine moderne, tutte bianche o giù di lì, ove l’obitorio fa una capatina, o quei salotti fatti di divani quasi bianchi con tavolini di acciaio cromato e cristalli che danno visione dei piedi dell’invitato d’occasione, penso a quei corridoi stretti e lunghi a cui degli specchi attribuiscono dimensioni che non hanno, e penso a delle opere di “stereometria” che accendono la luce dei colori e del piacere. Di questo “de ja vue” per me rimane la gioia di un arredamento di valore umano e al di là dell’umano. Ed ecco il presente, il Lanzaretti con quella fucilata di crauti in faccia, a sorprendermi. Ecco l’amico Alberto che mette il turbo, che ha trovato il carburante per l’anima, che ha trovato il passpartout per l’anima dell’osservatore, che all’osservatore dona la capacità di vedere e pensare e fantasticare. Ho chiesto all’artista se potessi inquadrare nello spazialismo il suo esprimersi. La mia domanda si rifà alla conoscenza che ebbi e che ho di questo movimento e dei traguardi posti dal “Manifesto Bianco” stilato a Buenos Aires nel 1946 da Lucio Fontana. Perchè vorrei ciò? Nello spazialismo l’effetto tridimensionale assume valore fondamentale ottenibile dai colori dai segni dai tagli dalle sovrapposizioni ...... buona scuola ebbi in tal senso dall’amico Franco Batacchi, ora non più tra noi, che di Lucio Fontana molte cose ebbe a dirmi. Questa conoscenza m’ha autorizzato a chiedere ad Alberto Lanzaretti il consenso all’inquadrare questa sua nuova esperienza artistica quale valore “d’arte spaziale”. Alberto m’ha detto si. Il percorrere assieme qualsiasi strada rende festoso l’andare. Perchè? Quella meta che ci proponiamo diviene luce ed attrazione. Eccomi con Alberto a guardare luci ed ombre, colori e sfumature, eccoci con delle emozioni nuove, eccoci con nuove angoscie che il vedere opere diverse e di diverso impegno creano, angoscie che alla seconda visione, alla seconda intervista dell’osservatore divengono piacevolezze, ed è festa, una festa coinvolgente dagli occhi al cuore, alla mente, allo spirito. Una synapsi ininterrotta per la gioia della psiche. Vedo l’osservatore guardare e poi tornare a guardare, passare e ripassare fino a che il cuore si apre al vedere e la mente alle domande a cui lui, l’osservatore, dà, dovrà dare risposte. I significati sono quelli che si vedono, basta acquisirli, sono lì che ti guardano almeno tanto quanto tu guardi loro. Quelle scalinate concentriche e spianate, che sprofondano la vista, che sollevano la vista, quelle scalinate che chiedono una conclusione un punto focale. Qui interviene la natura, è la mineralogia a porgere una mano all’artista, è la natura che si lascia scegliere, che impone una scelta. Le stratificazioni di quelle miniere a cielo aperto, i terrazzi colmi d’acqua di quelle miniere, Alberto trova nelle agate, nel corallo di Nha Trang, nel crisoprasio, nel rubino, nell’occhio di bue, nell’opalina, nella malachite, nel silicio, nella unakite, nei lapislazzuli, in tutti quei minerali e pietruzze, che si procura e compera nei banchetti “vendo sassi strani”, dei mercatini. È il vedere in cose che tutti guardano, il diverso, il superiore ed impadronirsene per renderlo agibile a tutti coloro che hanno guardato senza vedere. È trovare nella semplicità dei sassi ed in quelle stratigrafie somiglianze diverse dalle vere somiglianze, ma per un solo ed unico percorso da compiere assieme. La “stereometria” ovvero le opere quelle che definisco di geniale arredamento, quelle che mi hanno fatto conoscere ed apprezzare Alberto, sono opere bidimensionali. Poi il presente “l’espansione del nucleo”, le opere del nuovo pensiero le opere che vedono il rilievo e la profondità, sono opere tridimensionali. Il “Manifesto Bianco” di Fontana indica nelle tre dimensioni un caposaldo dello spazialismo. Lanzaretti ne è ottimo interprete talmente ottimo da stimare una quarta dimensione. Io vedo ed opto per una quarta dimensione. La natura, quell’inserimento di materiali, minerali semipregiati, porta l’osservatore più in là delle tre dimensioni. La quarta è un connubio, il connubio con quella natura da cui l’uomo ha prelevato ricchezze ed abbandonato come a dire “adesso arrangiati”. Alberto Lanzaretti sta facendo giustizia? È bello pensarlo, è bello dire ad Alberto “bravo questa è la quarta dimensione, è il bello della giustizia a vendicare la natura”. Adesso a questo punto del mio dire, chiedendo venia all’artista ed a voi che leggete, una divagazione, uno spazio riservato alla mia fantasia, un accettare ciò che mi viene suggerito dall’osservare queste opere. Quei cerchi, quale omerico gorgo attraggono la barca ove navigano rosse sensazioni. Un ventaglio, la gradinata in attesa dello spettacolo di un Sofocle multicolore o di un azzurro goldoniano. Il verde mi trascina tra le fate e lì rimango in attesa che si facciano vedere. Nuova piramide vestita di amaranto, alla ricerca del cielo e di una nuova gloria. Nel color seppia la caverna di Platone con le ombre di uomini alla ricerca dei veri uomini, si trasforma in un’altra opera multicolore. Un triangolo azzurro ed un esagono celeste generano tranquillità e si arrotolano e tramite le macchie rosse vanno alla ricerca di un movimento nei colori verde e giallino, riposanti nella continuità dei pensieri. Quando Pitagora di Samo disse a re Leone di Filunte che essere la “filosofia” la massima arte dell’intelletto, certamente si riferiva all’amore della sapienza in ogni suo ambito e versione. Sì chè l’amore quando attraversa quell’infinito seminato che è la sapienza trova nell’uomo una grande capacità interpretativa. Amiamo la sapienza per ciò che proviene dalla conoscenza, ma sarebbe ben poca cosa se da questa conoscenza non ne traessimo creazioni. Creiamo scienza forse per una necessità di sopravvivenza o per una presunzione di misurarci con Dio, creiamo ermeneutica per entrare nel senso dei pensieri e del sapere, creiamo bellezza perchè la cerchiamo. La prima scodellina di terra che l’uomo fabbricò per berci dette ispirazione alla seconda ciotola che aveva delle capette e qualche disegno, perchè, era sempre una ciotola per pescare acqua dal ruscello e bere, ma l’uomo quell’uomo voleva fosse anche bella. Alberto Lanzaretti, ha reso belle quelle profonde ferite che l’uomo ha inferto alla terra. Alberto Lanzaretti ha fatto un gran dono alla terra.
Umberto Riva

Alberto Brazzale
Thiene: I quadri di Lanzaretti da guardare e toccare
articolo pubblicato su "Thiene on line"
Maggio 2013

Nuovo appassionante e curioso appuntamento artistico per l’associazione thienese "vivere l’arte… …l’arte di vivere" che sabato scorso ha inaugurato una mostra personale di Alberto Lanzaretti. La mostra dell’artista che vive e lavora a Thiene è stata presentata, quasi in una metaforica staffetta artistica, da Manlio Onorato, che ha da poco ha concluso una sua mostra personale nello stesso contesto. Lanzaretti compone della tarsie che rinviano con le loro geometrie vivacemente colorate alla "ricostruzione futurista" di Balla e Depero, rivisitata con tratti che ricordano la Pop Art e gli stupori della Metafisica. L'accuratezza esecutiva, affinatasi nel corso degli anni, testimonia di un approfondimento costante ed una tecnica davvero elevata che tende per sua stessa natura all'arte applicata. "L’essenza utopica di Lanzaretti" ha affermato Onorato " risiede nel trasformare gli oggetti comuni attraverso il senso del colore e dei volumi in una intelligente e seria interpretazione". Mosso da questa ispirazione Lanzaretti dona a tutte le sue opere un chiaro tono di allegria, solarità che invita lo sguardo ad un rimando ludico, di evasione che induce ad una salubre e rigenerante pausa di spensieratezza e di gioia. Onorato tuttavia sottolinea anche lo spessore culturale di Lanzaretti che riscopre il grande valore etico (così prezioso in questi tempi di decadenza e crisi) del manifesto futurista di Depero che ricerca il senso ed il valore dell’arte fuori di essa e non solo dentro se stessa. Nel recente passato "l’arte applicata" è stata a torto considerata minore ma oggi grazie anche all’abilità di alcuni artisti, tra cui Lanzaretti, la critica considera questa tecnica con maggior attenzione e considerazione. La particolarità di Lanzaretti che ammette con estrema sincerità di essersi ispirato a Depero ancor prima di conoscerne le opere, (che oggi invece ama), risiede nella poliedricità degli oggetti "ridisegnati": un "quadro", una borsa, una panca; ed a dimostrazione della possibilità di applicazione di quest’arte, contemporaneamente alla mostra presente in sede, Lanzaretti espone in piazza Chilesotti a Thiene un’auto "decorata" attraverso la tecnica del car wrapping. Volendo stupire i presenti Lanzaretti precisa anche che i suoi quadri "non sono solo da vedere ma grazie anche alla particolare tecnica utilizzata per farli, si possono anche toccare ed addirittura lavare!" All’inaugurazione della mostra sono intervenuti diversi estimatori, ed amici dell’artista thienese, tra i quali anche il sindaco Giovanni Casarotto che si è detto orgoglioso di poter ospitare a Thiene un’associazione così vitale che si sta contraddistinguendo per l’altissima qualità degli eventi organizzati. Chissà che in un prossimo futuro anche nel Municipio di Thiene non possano trovare posto alcune belle opere di qualche artista locale…
Alberto Brazzale

Manlio Onorato
Maggio 2013

Le tarsie dell'artista thienese rinviano con le loro geometrie vivacemente colorate alla “ricostruzione futurista” di Balla e Depero, rivisitata però alla luce di Lucio Del Pezzo per la capacità di coniugare umori della Pop Art con gli stupori della Metafisica, risalendo lungo tale crinale ad una solida tradizione dell'arte italiana, che proprio nel Veneto, con la bottega dei Lendinara scrisse una pagina assai importante nel Rinascimento. L'accuratezza esecutiva, affinatasi nel corso degli anni, testimonia di un approfondimento costante di una operatività che tende per sua stessa natura all'arte applicata, a torto considerata minore a cui giustamente oggi si guarda con particolare attenzione.
Manlio onorato

Umberto Riva
Dicembre 2012

Il rincorrersi di figure immaginarie alla costruzioni di immagini fantasiose. Creare luce con colori perfetti. Finestre in un mondo che potrebbe esistere al di là dell'opera e che nell'opera trova il suo essere. La luce che proviene dal di dentro. Finestre che prima non c'erano. Amiens, Chartre, Notre Dames chiese e cattedrali gotiche e non, vetrate illuminanti di colori che filtrano la luce del giorno. Vetrate che portano luce quando fuori è luce. Opere in legno colorato di una esecuzione toccante (Alberto se ne intende di colori e verniciature, è il suo mestiere). Incastri perfetti. Composizioni che divengono finestre, finestre che creano luce, che illuminano con luce propria e di luce propria. Nessuna vetrata di alcuna cattedrale potrebbe fare quello che le opere di Alberto Lanzaretti generano. Luce. Creare luce. Si aprono finestre che apportano luce, dove finestre non esistono, dove solo l'opera del muratore potrebbe creare finestre. Luci, nate da linee morbide, tagli perfetti, incastri perfetti, colori distribuiti con una precisione meccanica che nel contesto diventano arte, un'arte raffinata. È modernismo. In qualsiasi settore il modernismo (anche cubismo, se vogliamo) esecutivamente deve raggiungere la perfezione. Perfezione nella ricerca, nella linea creativa. Un'opera architettonica barocca sopporta ampiamente sbagli esecutivi e di proporzione. Un'opera moderna no (porto sempre come esempio il palazzo EUR 42 a Roma, ove proporzioni e rapporti si accompagnano ad una esecuzione senza incertezze. Se alla basilica di San Pietro togliete una statua o chiudete un finestra, chi se ne accorgerebbe?). Qui Alberto ci sciorina una incredibile capacità agli ordini di una perseverante volontà, che non lascia spazi. Tutto è come tutto deve essere. A prima vista le opere di Alberto m'hanno creato titubanza. Un senso di faciloneria sembrava permeare quelle opere. Poi, Baumgarten insegna, l'approfondimento visivo ed il gusto dell'estetica ragionata, hanno prevalso. Mi sono compiaciuto, mi sono compiaciuto con me stesso (non ricordo se l'ho fatto anche con l'autore), dicevo, mi son compiaciuto per aver accantonata quella balorda, direi anche sconsiderata, prima impressione. Non solo ho apprezzato, ho gustato. Non mi sono limitato a guardare lienee colori e composizioni, anzi le ho accantonate. Ho goduto di quella luce, di quelle finestre che si spalancavano su un mondo che non c'era, finestre senza infissi che non potevano aprirsi perchè erano nate aperte. Raggi colorati di un sole colorato andavano ad illuminare ogni stanza anche nel buio della notte. Alberto Lanzaretti mi fa, ci fa affacciare su un mondo diverso fatto di luci cangianti di linee armoniose, di intima gioia. È evoluzione? Non so se questo sia il destino dell'opera di Lanzaretti. Questo lo chiederete a lui tra qualche anno.
Umberto Riva

Alberto D'Atanasio
Docente di Storia dell’Arte e Semiologia dei Linguaggi non Verbali
Settembre 2012
Ci sono artisti che ostentano la loro arte come fosse una bandiera, un vessillo che tutti devono vedere, onorare, lodare e si arrabbiano fino allo stridor di denti se qualcuno mette in discussione talento e produzione artistica. Purtroppo di questi artisti non ne conosco pochi, non basta una mano per contarli tutti, alcuni sono di un talento davvero raro, ma odiosi e indescrivibili per il carattere e le modalità di relazione. Poi ci sono quelli che vivono quasi da asceti e richiedono silenzio perche il proprio lavoro da idea diventi oggetto e per far in modo sì che la fase ideativa, quella progettuale e poi l’esecutiva abbiamo a che fare con un riordino interiore, quasi che l’opera non sia altro che il riflesso di una scintilla che ha illuminato all’unisono l’eros e la psiche. Sono artisti questi che non amano il glamour dei vernissage e a volte si stupiscono dello stupore e del senso di ammirazione che le loro opere suscitano. Sono persone che vivono l’arte come momento personale, privato e introverso più che personalistico ed estroverso come nel primo caso. Io non so dire quale delle due modalità espressive preferisca, ma credo che in un mondo multimediale che induce a catapultarsi ogni giorno su una scena come tanti attori in cerca di una parte che ci renda protagonisti e non comparse, sia necessario tornare a momenti di riflessione di silenzio e di riflessione in cui la persona scevra da ogni ruolo riprende la propria parte prima di entrare necessariamente nella scenario della vita. È questa la premessa che necessita la filosofia estetica di Alberto Lanzaretti per essere compresa fino in fondo. Quest’artista progetta le sue composizioni con la sagacia dell’architetto, la competenza dell’ingegnere e poi con la genialità di un guitto riveste le forme con colori e cromie che studia così come facevano Tiziano Vecellio, Giulio Romano fino a Umberto Boccioni e Giacomo Balla. Tiziano e Giulio Romano permettevano ai colori di dare empatia alla composizione Boccioni e Balla memori delle tecniche post impressioniste, conferivano alle opere una dinamicità che induceva all’emozione come se il quadro dipinto fosse sintesi di un ricordo da fissare nella memoria con la forza della ragione dei sentimenti. Alberto Lanzaretti possiede un talento nell’uso delle vernici e nell’accostare tonalità che si reggono nel lessico della scienza della visione e ha del geniale; come pure geniale è la sua capacità di giocare con le sfumature dei toni e di comporre la configurazione con il calcolo delle misure dei pezzi, sapientemente sezionati, e la complementarietà dei toni e dei mezzi toni. Ogni suo quadro stupisce per il senso di staticità e di dinamismo insieme. Nulla è lasciato al caso e non c’è l’estemporaneità che ha contraddistinto una certa parte dell’astrattismo dagli anni ’70 in poi. Quest’artista vicentino crea le sue opere astratte con l’essenza stessa dell’etimo, abstràhere cioè trarre da, tirare, o meglio, considerare idee e cose separatamente da una composizione unitaria. Se l’astrattismo è dunque trarre da un’idea che si separa da altre e prende forma in maniera autonoma perché slegata da uno schematismo generale allora si può affermare che il suo è un astrattismo, in cui forma e colore sono posti come un codice di lettura, pur nell’evidente caos assume una composizione evocativa di oggetti e concetti reali. È come se la metafisica di Andrea De Chirico, che scelse il nome d’arte di Alberto Savinio, nelle opere di Alberto Lanzaretti si fosse epurata dei connotati naturalistici per rivelare figure geometriche che nel loro incastrasi ne generano altre e il tutto cresce, si evolve, l’osservatore sta vedendo soltanto un attimo fissato dall’artista. L’obiettivo di Lanzaretti è creare emozione, tensione, fissare il momento stesso in cui un moto interiore diventa stupore e si proietta all’esterno dell’involucro che contiene l’anima; Alberto vuole che l’inedia e l’afonia che pervadono questo tempo siano spezzate dall’evidenza di una idea che si manifesta per essere semplicemente condivisa e tramandata. L’economia che non ha più umanità che ha reso viziosi i bisogni primari e perverse le relazioni tra persone ha indotto uomini come Lanzaretti a pensare il proprio fare arte come una sorta di messaggio che si tramanda oltre il tempo e lo spazio. Il suo fare arte diviene così una sorta di isola che permette all’uomo di ritrovare l’armonia di un ragazzo che non ha smesso di sognare nonostante tutto e tutti e che si rincuora nei colori per poi maturare su angoli che si sporgono illusoriamente dal piano. È quell’eterno ragazzo che alberga in ognuno di noi e che non ci fa morire di angoscia di terrore, è un animo giovane quello di Alberto Lanzaretti che gli permette di giocare con le forme e di creare paesaggi dove fluttuano case, alberi e nuvole. Persino nelle opere figurative lui riesce a dare una staticità che è in effetti, fremito e attesa che l’azione riprenda e i colori come le forme continuino a parlare un linguaggio antico che l’uomo moderno non riesce più a capire. Quest’artista ha la stessa capacità di un compositore per orchestra nell’organizzare i componenti che si dispongono nell’armonia dei suoi quadri. Geniale è la sua capacità di realizzare lo spazio illusorio del quadro e nel disporre il fondo, le forme e i colori. Ogni sua opera vuole coinvolgere, e di fatto coinvolge, l’osservatore in maniera emozionale, sono i sentimenti le sensazioni a muoversi. I suoi scenari sia astratti che figurativi evocano sensazioni già provate ma dimenticate ed è così che le sue nuvole colorate con toni lucidi diventano l’immagine di un grido che vuole squarciare nuvole grigie di pessimismo e far sì che l’eco giunga lontano fino a vincere l’oblio della morte. Ed è pure così che una mongolfiera che quest’artista descrive in uno dei suoi quadri si riveste, nel gioco dei paradossi che solo certa arte sa riprodurre, della stessa aurea di una foto realistica. Ci sono artisti che ostentano la loro arte come fosse una bandiera, un vessillo che tutti devono vedere, onorare, lodare e si arrabbiano fino allo stridor di denti se qualcuno mette in discussione talento e produzione artistica. Purtroppo di questi artisti non ne conosco pochi, non basta una mano per contarli tutti, alcuni sono di un talento davvero raro, ma odiosi e indescrivibili per il carattere e le modalità di relazione. Poi ci sono quelli che vivono quasi da asceti e richiedono silenzio perche il proprio lavoro da idea diventi oggetto e per far in modo sì che la fase ideativa, quella progettuale e poi l’esecutiva abbiamo a che fare con un riordino interiore, quasi che l’opera non sia altro che il riflesso di una scintilla che ha illuminato all’unisono l’eros e la psiche. Sono artisti questi che non amano il glamour dei vernissage e a volte si stupiscono dello stupore e del senso di ammirazione che le loro opere suscitano. Sono persone che vivono l’arte come momento personale, privato e introverso più che personalistico ed estroverso come nel primo caso. Io non so ancora dire quale delle due modalità espressive preferisca, ma credo che in un mondo multimediale che induce a catapultarsi ogni giorno su una scena come tanti attori in cerca di una parte che ci renda protagonisti e non comparse, sia necessario tornare a momenti di riflessione di silenzio e di meditazione in cui la persona scevra da ogni ruolo riprende la propria parte prima di entrare necessariamente nella scenario della vita, Alberto Lanzaretti ci offre la sua strada, non lo fa personalmente manda le sue opere ad avvertirci, invia i suoi colori e le sue forme, quasi fossero demoni che nessuna mano tranne la sua può descrivere. Alberto ci propone la sua musicalità che sa di antico, è fatta di armonie e di contrappunti, io seguo il suo suono, la sua canzone, le sue forme e i suoi colori e tu che leggi affrettati perché lo spettacolo sta per cominciare...
Alberto D’Atanasio

Maura Fontana
Novembre 2010

L'intarsio o tarsia lignea è un tipo di decorazione che si realizza accostando minuti pezzi di legni o altri materiali di colori diversi. Diffusa già nel Trecento tra il 1440 e il 1550 raggiunge il massimo della fioritura, sviluppando quello che verrà definito da André Chastel "il cubismo del Rinascimento".
Con le opere di questo artista che si situa nell’ambito dell’astrazione credo di poter affermare che abbiamo invece il “rinascimento del Cubismo” dove il colore, attraverso l’uso originale della materia lignea, diventa forma sostanziale della narrazione artistica.
Quando Alberto Lanzaretti mi ha proposto di presentare le sue opere, ho immediatamente rivissuto lo stupore che provai la prima volta di fronte alle sue Tarsie lignnee. La chiave di approccio è proprio questa: Innanzi tutto, l'emozione! Soltanto dopo la comprensione!
E’ come se l’autore stesso, attraverso queste opere, dicesse: Voglio dipingere la verginità del mondo! Senza inquietudini, ma con sorprendente, gioiosa, consapevole luminosità del vivere.
Si! Tutte queste opere sono caratterizzate dalla luce. La luce, in queste pitture/sculture è strutturale, sostiene ogni tarsia, ed è una cosa che non potendo essere riprodotta, viene rappresentata dall’artista in modo incondizionato attraverso un'altra cosa: il colore.
Questi assommoir, questi incastri di forme colorate di legno, sono come vetrate, attraversate dalla luce, ipnotizzano, catturano lo sguardo e contrariamente a quelle delle cattedrali, si liberano dalla carica religiosa per diventare gioioso laicismo che coalizza la trasparenza alla materia.
Gioco e verità, questa è la chiave di lettura delle opere di Alberto Lanzaretti, poichè l’arte è una bugia che gli fa realizzare la verità, attraverso una visione del reale fortemente dinamica nella quale riesce a trasmettere molto di più di quello che sembra, in quanto gli consente di riassemblare il suo soggetto in forme più astratte, ma senza tuttavia alterare il suo soggetto a tal punto da sconfinare nella pittura puramente astratta. Nelle sue opere domina la responsabilità geometrica delle forme, tanto da poter definire Lanzaretti un artista moderno che libera la sua arte da propositi pratici ed estetici per assecondare una autentica sensibilità plastica per viaggiare –come lui stesso dice- a lato della realtà in modo fantastico e, aggiungo io, con tutti i suoi più profondi significati.

Mara Campaner
Settembre 2010

Alberto Lanzaretti è passato attraverso una prima fase veristica, per poi approdare a una visione del reale fortemente dinamica e coloristica, e arrivare ad un astrattismo geometrico. Nelle sue opere prevale la funzione geometrica delle forme, da poterla definire arte concreta, basandosi sulla percezione e sul pensiero razionale. Lanzaretti è un artista moderno perché libera la sua arte da fini pratici ed estetici e lavora soltanto per assecondare una pura sensibilità plastica. Le sue ultime pitture/sculture si discostano dalla rappresentazione realistica della realtà, conducendoci in un percorso alla vera essenza dell’arte (all’arte fine a se stessa), appunto all’astrattismo o, meglio ancora, al suprematismo dell’artista Malevic che diceva “ l’arte astratta è superiore a quella figurativa, dato che , anche se noi in un quadro figurativo vediamo un qualsiasi oggetto o forma vivente, sull’opera non c’è un solo colore: il colore che viene espresso in modo migliore è su un dipinto astratto”. Alberto, quindi, si situa nell’ambito dell’astrazione, ma senza farsi coinvolgere dalle inquietudini tipiche dello sperimentalismo e recuperando atmosfere calibrate che portano alla realizzazione compiuta, al richiamo di un paesaggio mentale, creando illusioni spaziali, elaborate attraverso un’espressività intelligente e consapevole. La sua ricerca visiva poggia su una fantasia esuberante e sfrenata e sul piacere dell’immaginazione. I suoi sono elaborati progettuali di una scenografia, di un costrutto dove ogni elemento sostiene l’organizzazione dell’insieme. I suoi puzzle, assemblamenti di pezzetti colorati di legno, ricordano la logica con cui sono state create le vetrate delle cattedrali gotiche, private della carica simbolica e religiosa, intrise da un divertito laicismo. Proprio il colore diventa struttura portante della narrazione, donando un’atmosfera colta e giocosa, donando alle sue opere una grande felicità del vivere, evitando le implicazioni tragiche che non appartengono al suo gusto.
Il suo è un linguaggio ben calibrato, realizzando una continua reinvenzione plastica, sapendo manipolare con estrema bravura il legno. Proprio questo materiale lo costringe a sfuggire alla ripetitività e a cercare ogni volta di non adagiarsi sulle certezze acquisite grazie alle sue notevoli doti progettuali ed esecutive.
Gli interni geometrici, i giocosi accostamenti a blocchi colorati, i suoi tasselli di costruzione, evocano paesaggi astratti mentali, luminosità coloristiche calde e tangibili. La sicura impaginazione geometrica di queste opere mostra una progettualità meticolosa, e una gestualità ben calibrata, da farlo connotare per la sua valenza stilistica personale e inconfondibile. Molte volte lo spazio che circonda questo mondo colorato pare ampio, e abitato dal vuoto. Le sue sono forme senza tempo, dove la qualità è estremamente precisa, senza sbavature.
Le sue pitture/sculture sono delle materie in continuo sviluppo, che si illuminano e che si spengono in cromie variegate, creando degli assemblamenti dinamici. Le immagini fluiscono in maniera astratta e potente, creando una scrittura sottile di orizzonti e colline composti da passaggi cromatici; ponendosi nell’ottica di una rivisitazione di un reale non direttamente captabile.
Il suo assemblare una serie variegata di colori è un modo per rappresentare le proprie esperienze visive, il proprio agire quotidiano, per tradurle in una trasfigurazione astratta. Le sue opere esigono un’osservazione attenta e approfondita che superi il primo colpo d’occhio, che senz’altro rimane accattivato da questi originali puzzle.

Cat. Eros&Thanatos
Maggio 2010

Alberto Lanzaretti Nato a Thiene il 14-11-1955, Lanzaretti è artista autodidatta che vive e lavora a Thiene. Dopo una lunga e personale riflessione d’arte e di tecnica è uscito dal suo laboratorio per proporsi al mondo dell’arte, con “le sue fantastiche tarsie lignee che offrono un connubio di colore e fantasia in un affascinante gioco geometrico” (Tito Bianchini). Tra le numerosissime esposizioni a cui ha partecipato vanno ricordate: nel 2007 le collettive ad Asiago - "Sareo" e a Thiene “Espressioni artistiche della Pedemontana”; nel 2008 a Stra' in Villa Pisani per la manifestazione artistica "Aria Acqua Terra e Fuoco" e a Preganziol per il Premio Nazionale di Pittura "Città di Preganziol"; nel 2009 tra le collettive vanno ricordate quelle a Venezia in Galleria d'Arte San Vidal per la Biennale a Confronto, a Vicenza in Palazzo Vescovado nell’ambito di "Cinque per Uno" e ad Udine alla Galleria “Centro d’Arte Tiepolo” mentre tra le personali si menziona quella intitolata “Colore e Fantasia” tenuta presso l’ Urban Center Thiene; infine nel 2010 Lanzaretti ha presentato due personali a Torino alla Galleria “La Telaccia”e a Monticello Conte Otto presso la prestigiosa “Galleria Sante Moretto-Arte Contemporanea” . Il critico d’arte, Giorgio Pilla, lo ha recensito con queste parole: “L’artista mette in atto un connubio pitto-scultoreo nella realizzazione delle sue opere che si possono catalogare come lavori inizialmente artigianali preparatori alla realizzazione dell’evento creativo. E’ una tecnica assai complessa attuabile con l’uso di tarsie lignee dal complicato passaggio preordinato che vede taglio, composizione, colorazione, applicazione fino a formare una sorta di puzzle che mostra il disegno di cui Lanzaretti aveva in mente il progetto sin dall’inizio. Nel risultato finale ogni contatto con la realtà è scomparso, l’artista ha concretizzato un sogno fine a se stesso, non voleva e non ha dimostrato nulla che non sia il suo piacere di saper costruire per la propria soddisfazione.” Fantinato ha sottolineato, invece, come “ i temi lirici del vento, della vela, della foresta incantata, per i quali i colori sottolineano una gioia quasi fanciullesca e innervata di alate pulsioni immaginative, coabitano accanto a caleidoscopici capovolgimenti di visualità e a pazienti meditazioni metafisiche. Tanto che le forme e i colori sembrano affrancarsi nell’onirico. E, cioè, in una sorta di sospensione, quasi di un sogno che sta per compiersi e a cui l’artista, armato di cuore e umiltà, ha conferito il soffio di vita eterna. Lanzaretti, allora, si propone all’arte per un’operazione ardita, lanciandosi alla conquista di un’armonia alchemica in seno alla quale si riassumono e si fondono nella giusta misura quei due mondi, solo apparentemente lontani, della razionalità da un lato e del cuore dall’altro. E in questa sfida noi stiamo dalla sua parte.”

Federcritici
Marzo 2010

ALBERTO LANZARETTI La sua cordialità e solarità si specchia nelle sue opere, frutto di incastri di legno ritagliato, colorato e incollato su tavola. La voglia di creare, di esprimere la sua limpida interiorità lo ha portato a sviluppare questa sua particolare forma d'arte. Sono lavori piacevoli, armonici e di complessa esecuzione, sono il risultato di una lunga preparazione che fa risaltare la sua spiccata manualità, l'innata armonia del colore e la galoppante fantasia. La ricerca di valori cromatici puri, geometrici, nitidamente stagliati sullo sfondo, fra loro incastrati come in un gioco, rivela la facoltà creativa della mente di procedere istintivamente verso sintesi sempre più complesse ed articolate, a dimostrare il valore, spesso trascurtato, della manualità di interagire con i sensi e il cervello.

Fantinato Mauro
Gennaio 2010

Alberto Lanzaretti: tra ragione e sentimento alla conquista di un’alchimia armonica.
Alberto Lanzaretti genera arte costruendo o, meglio, ricostruendo. E in questo scorre la linfa fantasiosa e ludica al tempo stesso della sua arte. Per tecnica e per ragione. La sua abilissima manualità, in effetti, appare regolata da un principio di riedificazione, meccanico e intellettuale, grazie al quale coglie esiti di forte impatto visivo e di notevole profondità contenutistica. Nel riattualizzare nel formato del quadro la difficile arte della tarsia lignea, egli riformula secondo molteplici linee e forme, perlopiù geometriche, quel qualcosa a cui si era ispirato: un evento naturale, una sensazione interiore, un semplice istinto alla creazione, una suggestione estatica e speculativa sul mondo. Indotto da un innato desiderio di scoperta, tale suo atto sortisce da un pregresso lavoro di decostruzione dell’immagine originaria, della quale aveva intuito la verità, per poi ricostruirla secondo nuovi termini artistici pezzo su pezzo, forma su forma, linea su linea, colore su colore. Si tratta di una dinamica ricompositiva che se principia da una dialettica della frattura, poi in realtà riconduce la figura ad una rigenerata identità ed a nuova luce armoniosa. E proprio nel segno e nel senso della luce l’arte di Lanzaretti chiaramente si esprime. Una luce da intendersi nell’accezione fisico-razionale e nella sua conseguenza metaforica, diremo metafisica. Gli occhi su quel riflesso luminoso stupiscono mentre gli stessi colori riescono ad infondere una fascinazione tale che la geometria delle linee si addolcisce, prendendo il sorriso buono dei sentimenti o supportando graficamente edificanti riflessioni, magari talvolta intrise di una sottile malinconia. Geometria dei sentimenti, cromie dei pensieri governano il linguaggio artistico di Lanzaretti. Temi lirici come quelli del vento, della vela, della foresta incantata, per i quali i colori sottolineano una gioia quasi fanciullesca e innervata di alate pulsioni immaginative, coabitano accanto a caleidoscopici capovolgimenti di visualità e a pazienti meditazioni metafisiche. Tanto che le forme e i colori sembrano affrancarsi nell’onirico. E, cioè, in una sorta di sospensione, quasi di un sogno che sta per compiersi e a cui l’artista, armato di cuore e umiltà, ha conferito il soffio di vita eterna.
Lanzaretti, allora, si propone all’arte per un’operazione ardita, lanciandosi alla conquista di un’armonia alchemica in seno alla quale si riassumono e si fondono nella giusta misura quei due mondi, solo apparentemente lontani, della razionalità da un lato e del cuore dall’altro. E in questa sfida noi stiamo dalla sua parte.

Giorgio Pilla-Critico d'Arte
Gente veneta 18 Luglio 2009

Alberto Lanzaretti Prendendo a modello l’antica arte della tarsia lignea l’Autore procede nella realizzazione, tecnicamente assai impegnativa, di componimenti artisticamente intrisi di una sostanza animistica che stupisce per quel dosaggio coloristico che si espande sulle superfici fino ad amalgamarsi completamente eliminando in toto le pur lievi separazioni dei tracciati lignei. Ne scaturiscono lavori che l’Artista impregna di un afflato umanistico ora concretizzato in ben intuibili racconti (Oltre il tunnel) altrove colmi di una aurorale intersecazione di linee e trasparenze coloristiche (Genesi 2009)che offrono un senso di partecipante felicità sciolta nel sovrapporsi di molteplici diafanità che giocano con i nostri sensi togliendoci qualsiasi punto di riferimento reale per avviarci sulla via dell’onirico.

Ezio Zanesini
La nuova Venezia 14 Luglio 2009

Alberto Lanzaretti che usa l’antica arte delle tarsie lignee per realizzare fantasmagoriche declinazioni che si collocano tra l’astratto e l’informale, con un ricordo al costruttivismo di Léger, in cui il componimento di estrania da ogni riferimento reale per confluire nel gioco dell’intuizione spontanea che nasconde, però, un attento lavoro preparatorio.

Tita Bianchini
Il gazzettino Venezia 8 Luglio 2009

Alberto Lanzaretti ci offre le sue coloratissime tarsie lignee, dove l’acrilico esalta i ritagli stupendamente accostati, per creare affascinanti effetti tridimensionali dai molteplici significati.

Marica Rossi
Giugno 2009

“L’arte senza tradizione è come un gregge senza pastore. Ma senza futuro è un cadavere”.
L’affermazione di Churchill, che evidentemente non si intendeva soltanto di politica, introduce bene all’opera di Alberto Lanzaretti alla sua prima personale all’ Urban Centrer della nativa Thiene, ma da tempo presente nel panorama artistico del Nord Italia essendo stato segnalato per bravura e originalità in collettive e concorsi nazionali.
I suoi quadri, tarsie di legno colorato e incollato su tavola, ricordano le asimmetrie, gli scoppi di forme e colore dei Futuristi come le cromie di vernici per metalli introdotte dal movimento Dada: entrambi inneggianti il nuovo concetto di bellezza ispirato alla civiltà delle macchine. Intendimenti di cui Lanzaretti fa tesoro elaborando con la sua perizia di carrozziere una tecnica sua nel plot esecutivo successivo a quel disegno che è la vera anima del progetto.
Infatti in quelle fiabesche figure, e più ancora nelle sue mirabolanti invenzioni geometriche, fa vivere un sentimento delle forme che è interiore e che, allo stesso modo che per i quadri di Ugo Nespolo( contemporaneo cui il nostro è per certi aspetti accostato), viene trasmesso a tutti i suoi fruitori. Sia all’osservatore acculturato, sia a chi, pur non essendolo, comprende il valore di questo costruire gioioso vivacizzato dal positivo rapporto dell’autore con un presente sul quale l’arte ha il potere di incidere relativamente alla qualità della vita. La fervida ispirazione ascrivibile a questa fede è poi arricchita dalla pratica certosina assiduamente esercitata. Quella che Baudelaire affermava essere propria ‘del lavoro tutti i giorni’, dove la manualità ha un ruolo importantissimo perché volta al compimento di un’opera pensata ma mai disgiunta dalla ferrea volontà di perfezione pure in fase operativa.
E questa è una condizione di controcorrente notevole se pensiamo che uno dei tratti dominanti dell’arte contemporanea è una sorta di predominio della ideazione sulla esecuzione, come se si trattasse di una dichiarazione poetica oppure di un brevetto. Ebbene, in Alberto Lanzaretti troviamo invece tutto:l’emozione quale sorgente di creatività, l’invenzione, la preziosa e rara manualità, e una umiltà senza la quale questi dipinti sarebbero meno belli.

Giorgio Pilla-Critico d'Arte
Catalogo Biennale a confronto Giugno 2009

Alberto Lanzaretti Qui l’antica arte della tarsia lignea viene proposta in una versione compositiva usata dall’Artista per creare motivi astratti e non, in cui il pensiero si riforma in coloratissimi exploit costruttivi addensati in armoniche sequenze. Si percepisce la volontà dell’Artista di ritrovare infantili moti creativi autoreferenziali oggi cancellati dall’ansia quotidiana.

Gabriella Niero
Catalogo Biennale a confronto Giugno 2009

Alberto Lanzaretti Con la sua pittura influenzata da atmosfere surreali ci conduce verso dimensioni ancestrali alla scoperta delle origini dell’esistenza. Una grande struttura a globo accoglie nel profondo due esseri dai profili sinuosi, forse madre e figlio; sembrano sospesi nell’aria offrendo un senso di lievità (oltre il tunnel). Ritroviamo i dati di un linguaggio che fonde la realtà all’onirico.

Bruno Rosada-Critico d'Arte
Catalogo Biennale a confronto Giugno 2009

Un non figurativo, Alberto Lanzaretti, elabora le metodiche dell’optical art con accorta insistenza sulla tridimensionalità, razionalizzando la concettualizzazione dello spazio che talvolta esprime anche con i titoli dei quadri (ricordiamo una osservazione di Octavio Paz) così da determinare uno spazio dell’opera ulteriormente significativo.

Giorgio Pilla-Critico d'Arte
Gente veneta 24 Gennaio 2009

L’artista mette in atto un connubio pitto-scultoreo nella realizzazione delle sue opere che si possono catalogare come lavori inizialmente artigianali preparatori alla realizzazione dell’evento creativo. E’ una tecnica assai complessa attuabile con l’uso di tarsie lignee dal complicato passaggio preordinato che vede taglio, composizione, colorazione, applicazione fino a formare una sorta di puzzle che mostra il disegno di cui Lanzaretti aveva in mente il progetto sin dall’inizio. Nel risultato finale ogni contatto con la realtà è scomparso, l’artista ha concretizzato un sogno fine a se stesso, non voleva e non ha dimostrato nulla che non sia il suo piacere di saper costruire per la propria soddisfazione.

Tita Bianchini
Il gazzettino 23 Gennaio 2009

Alberto Lanzaretti nelle sue fantastiche tarsie lignee un connubio di colore e fantasia in un affascinante gioco geometrico.

Ezio Zanesini
La Nuova Venezia 23 Gennaio 2009

Alberto Lanzaretti Una tecnica pitto-scultorea messa in atto da questo originale Artista per declinare impianti strutturali composti da tarsie lignee colorate allo scopo di formare composizioni fantasiose che ci riportano alla nostra giocosa fanciullezza creativa. In realtà trattasi di un lungo e metodico lavoro di preparazione che l’Autore attua con un unico fine assolutamente autoreferenziale, poiche nulla si può chiedere di emotivo o passionale a questi bellissimi disegni se non l’ansia, dell’Artista, di defilarsi da un quotidiano grigio e privo di sentimento. Il piacere di mostrare agli altri (tutti noi!) che la Vita può essere ancora vissuta al di fuori di ogni tensione, solamente armonizzando e colorando il nostro quotidiano.